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L' Ombra etrusca di San Gimignano


finestresullarte.info

Ecco l'Ombra di San Gimignano: finalmente rivelata la straordinaria scoperta etrusca


di Federico Giannini, Ilaria Baratta , scritto il 29/11/2019, 15:46:25
 

 Finalmente rivelata la scoperta dell'Ombra di San Gimignano, statua etrusca in bronzo del III secolo a.C.: è uno dei rinvenimenti più importanti degli ultimi anni.
È stata finalmente rivelata una delle più importanti scoperte di archeologia etrusca degli ultimi anni: si tratta dell’Ombra di San Gimignano, una meravigliosa e sorprendente statuetta votiva in bronzo rinvenuta nel 2010 nel territorio di San Gimignano (Siena) durante alcuni lavori di ristrutturazione di un edificio privato nei pressi del torrente Fosci, tra le colline che da San Gimignano scendono verso la Valdelsa. La statua è esposta per la prima volta al pubblico al Museo Archeologico di San Gimignano nell’ambito della mostra Hinthial. L’Ombra di San Gimignano. L’Offerente e i reperti rituali etruschi e romani (dal 30 novembre 2019 al 31 maggio 2020).
Quando fu ritrovata nel 2010, la statua in bronzo si trovava sepolta in un terreno: ad accorgersi della sua presenza sono stati gli operai che stavano eseguendo i lavori, e che notarono tracce di colore verde acceso nella terra. L’approfondimento immediato rivelò che lì si trovava una figura maschile in bronzo, che era stata deposta in posizione prona. I lavori hanno poi subito un’interruzione per dar modo alla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Siena, Grosseto e Arezzo di avviare la campagna d’indagini cui è seguito uno scavo che ha fatto emergere una vasta area sacra etrusca all’aperto, in uso per almeno cinquecento anni dal III secolo avanti Cristo fino al II secolo dopo Cristo. Il bronzetto era adagiato lungo il margine meridionale del blocco, non a diretto contatto con quest’ultimo, e con la testa deposta verso ovest. Si trattava di una deposizione rituale.
Arte etrusca, Ombra di San Gimignano (prima metà del III secolo a.C.; bronzo, altezza 64,6 cm; San Gimignano, Museo Archeologico)
Arte etrusca, Ombra di San Gimignano (prima metà del III secolo a.C.; bronzo, altezza 64,6 cm; San Gimignano, Museo Archeologico)
Arte etrusca, Ombra di San Gimignano, dettaglio
Arte etrusca, Ombra di San Gimignano, dettaglio
Arte etrusca, Ombra di San Gimignano, dettaglio
Arte etrusca, Ombra di San Gimignano, dettaglio
Arte etrusca, Ombra di San Gimignano, dettaglio
Arte etrusca, Ombra di San Gimignano, dettaglio
Arte etrusca, Ombra di San Gimignano, dettaglio
Arte etrusca, Ombra di San Gimignano, dettaglio
Arte etrusca, Ombra di San Gimignano, dettaglio
Arte etrusca, Ombra di San Gimignano, dettaglio
La statua giaceva infatti sepolta vicino a un monolite in pietra squadrato che aveva ruolo di altare, sul quale venivano compiuti riti con offerte religiose alla divinità del luogo; sul monolite sono state trovate tracce di esposizione al fuoco. L’area sacra, attorno alla quale sono state scoperte anche monete, frammenti in ceramica, unguentari integri e frammenti di laterizi, era situata vicino a una sorgente: questo elemento potrebbe rimandare al culto per divinità legate all’acqua e alla terra. La statua ritrovata è quella di un offerente ed è del tipo dei bronzetti allungati di età ellenistica, simile alla celeberrima Ombra della sera di Volterra. La scultura è stata riconosciuta come la più elegante nel nucleo di bronzi finora attestati. Esattamente come l’Ombra della sera, anche l’Ombra di San Gimignano appartiene infatti a una produzione seriale: in questo caso si tratta di un’opera che presuppone i modelli della grande plastica del primo ellenismo con reinterpretazione dell’ex-voto a fettuccia allungata di derivazione centro-italica, ancorato a forme della tradizione religiosa locale. Statue simili, a cui si collegano sia l’Ombra di San Gimignano sia l’Ombra di Volterra, sono state ritrovate anche nel Lazio (Nemi), nelle Marche (Ancona) e nell’Etruria centro-settentrionale (Orvieto, Chiusi, Perugia, Vetulonia, Volterra e rispettivi territori). A differenza della maggior parte degli altri esemplari, tuttavia, l’Ombra di San Gimignano ha un’importanza peculiare per il fatto che conosciamo in dettaglio la provenienza da un contesto certo, per di più sacro. Inoltre, la statuetta senese spicca per la sua dimensione: un’altezza di 64,6 centimetri e un peso di 2200 grammi.
La statua rappresenta una figura maschile stante che indossa una toga che arriva fino ai polpacci lasciando scoperti la spalla, il braccio destro e gran parte del torace, mentre ai piedi l’offerente indossa dei calzari con allacciatura alta. La mano destra tiene una patera ombelicata (che si ritrova in molte sculture etrusche, specialmente nella statuaria funebre), mentre la sinistra, che aderisce al corpo, fuoriesce dal manto col palmo rivolto all’esterno. Le gambe sono leggermente divaricate e suggeriscono un lieve movimento verso sinistra, mentre i tratti del volto, delineati con eccezionale naturalismo, sono ben marcati, con grandi occhi evidenziati, un naso pronunciato, una bocca carnosa, un mento con fossetta centrale. Sorprende inoltre la capigliatura, disposta a ciocche mosse realizzate con profonde solcature che da una scriminatura posteriore si dispongono verso il volto a coprire parte della fronte oltre alle orecchie. Se dunque l’Ombra della Sera è raffigurata nuda (si tratta infatti di una figura infantile), l’Ombra di San Gimignano è vestita in quanto il personaggio rappresentato potrebbe essere un sacerdote.
L’artista che creò l’Ombra di San Gimignano probabilmente proveniva proprio dall’antica Volterra (Velathri in etrusco): il vicino santuario della Torraccia di Chiusi era del resto uno dei luoghi di confine del territorio volterrano, e le “fauci” da cui deriva il nome del torrente Fosci costituivano l’ingresso nell’area sottoposta al controllo di Volterra. La forma della statua rimanda ai modelli che si diffusero a partire dal III secolo a.C. in Etruria centro-settentrionale, dove vi giunsero grazie alla circolazione all’interno delle botteghe locali di artigiani itineranti, provenienti soprattutto dall’area tiberina. La toga e i calzari (“calcei”) di tipo senatorio richiamano infatti la figura dell’Arringatore, che probabilmente era un grande bronzo votivo raffigurante un personaggio in atteggiamento di orante e il cui abbigliamento era quello tipico dei cortei di magistrati nell’Etruria del secondo venticinquennio del III secolo a.C. Anche questi elementi concorrono a datare l’Ombra di San Gimignano entro la metà del III secolo a.C.
La zona del ritrovamento dell'Ombra di San Gimignano in località Torraccia di Chiusi
La zona del ritrovamento dell’Ombra di San Gimignano in località Torraccia di Chiusi
L'area di scavo dell'Ombra di San Gimignano
L’area di scavo dell’Ombra di San Gimignano
La scultura al momento del ritrovamento
La scultura al momento del ritrovamento
La scultura esposta alla mostra Hinthial. L'Ombra di San Gimignano
La scultura esposta alla mostra Hinthial. L’Ombra di San Gimignano
La scultura esposta alla mostra Hinthial. L'Ombra di San Gimignano
La scultura esposta alla mostra Hinthial. L’Ombra di San Gimignano
La scultura esposta alla mostra Hinthial. L'Ombra di San Gimignano
La scultura esposta alla mostra Hinthial. L’Ombra di San Gimignano
La scultura esposta alla mostra Hinthial. L'Ombra di San Gimignano
La scultura esposta alla mostra Hinthial. L’Ombra di San Gimignano
La scultura esposta alla mostra Hinthial. L'Ombra di San Gimignano
La scultura esposta alla mostra Hinthial. L’Ombra di San Gimignano
L’Ombra di San Gimignano è stata posta al culmine di una mostra il cui titolo, Hinthial, è traducibile allo stesso tempo come “anima” e “sacro” ed è concepito come un’immersione nel paesaggio sacro di San Gimignano in età etrusca e romana. La mostra vuole suggerire la presenza dell’area di culto in un percorso rituale che richiama gestualità e percezioni dell’Offerente: in questo modo i curatori della mostra, Enrico Maria Giuffrè e Jacopo Tabolli, hanno voluto far riemergere questo capolavoro dalla sua sepoltura raccontando delle speranze, delle preghiere e delle offerte avvenute per più di cinque secoli in questo luogo sacro che si trovava ai confini dei territori dell’antica Volterra in età ellenistica.
“La straodinarietà di questa scoperta”, ci ha detto Jacopo Tabolli, “sta nel fatto che esistono veramente poche statue di questo genere: la più nota è l’Ombra della Sera di Volterra. L’Ombra di San Gimignano è un’altra di questa serie di bronzetti allungati che da modelli tiberini, quindi del Lazio, progressivamente si irradia nell’Etruria. Sicuramente è di fattura eccezionale: l’artista che l’ha realizzata, nella prima metà del III secolo, segue modelli classici di altissimo livello. Della serie di bronzi allungati, questo è l’unico che proviene da un contesto anche sacro e questo ci dà la comprensione della funzione di questo oggetto, di un valore eccezionale. Si tenga conto inoltre del fatto che, a partire dalla sua deposizione, dalla seconda metà del III secolo, per cinquecento anni sulla sua sepoltura accanto all’altare si è concentrata l’azione degli offerenti etruschi prima e romani poi, quindi, nonostante la romanizzazione che si stava verificando sul territorio, quest’ultimo manteneva una sua identità sacra che travalicava le differenze politiche”.
Quanto al fatto che il rinvenimento dell’Ombra di San Gimignano sia un evento eccezionale, Tabolli sostiene che “scoperte di questo tipo sono molto rare, anche se in realtà il nostro territorio è ricchissimo”. Quello che tuttavia Tabolli vuole sottolineare è un altro aspetto: “non è importante quantificare quante sono e quante potrebbero essere le opere di questo tipo”, conclude, “l’importante è ribadire come il controllo delle attività di scavo sia sempre repentino, perché la delicatezza di casi come questi sta nel fatto che la scoperta, molto spesso, non viene da una campagna di scavi preordinata, ma da lavori ordinari. Come nel caso di questa statua: viene aperta una conduttura, e spesso ci si imbatte in qualcosa del genere, e questo ci chiama alla responsabilità della tutela del nostro sottosuolo, da considerare come un patrimonio immenso”.
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Gli autori di questo articolo: Federico Giannini e Ilaria Baratta
Gli articoli firmati Finestre sull'Arte sono scritti a quattro mani da Federico Giannini e Ilaria Baratta. Insieme abbiamo fondato Finestre sull'Arte nel 2009. Clicca qui per scoprire chi siamo




Decisamente inferiore come risultato artistico rispetto all'ombra della sera di Volterra al Museo Guarnacci. interessante comunque il ritrovamento... probabilmente potrebbe essere esposta a Volterra dove avrebbe il diretto confronto visivo e materico ficiso con quella volterrana. Renzo Marrucci. Milano, 30.11.2019

NON è UN "OMBRA" PER IL MOVIMENTO IMPRESSO ALLA FIGURA CERTO MA CONCRETA IMMAGINE DI UNA SCULTURA LO STESSO INTERESSANTE SENZA DUBBIO... IL CARATTERE VIVO E DINAMICO CHE IL MOVIMENTO DELLE GAMBE IMPRIME ALL'IMAGINE VERTICALE, SCOMPONE L'ASSETTO DELLA SCULTURA CHE AVVILUPPANDOSI, neL CORPO, IN UN PANNEGGIO DIAGONALE, DAL MOVIMENTO MONOTONO, LA PRESENTA DEL TUTTO LONTANA DALLA FILOSOFICA PUREZZA PrESENTE DELL'OMBRA DELLA SERA DI vOLTERRA. milano 30.11.2019

I agree with Renzo Marrucci, this sculpture and the one in Volterra art not depictions of shadows. It's significant that they are both thinner seen from the side than from the front, and their thinness when seen from the side is greater than their thinness seen from the front. Both also have a variable degree of thinness seen from the front: they are both slightly pear-shaped. It would be good to do a metrical analysis of their distortions, as in D'Arcy Wentworth Thompson's book:
https://www.amazon.it/Growth-Form-Canto-Classics-English-ebook/dp/B00JXII62O





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Friday, June 19, 2020

Johann Sebastian Bach, Zweistimmige Inventionen (BWV 772-778) -Teil I



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Big Bill Broonzy 1957


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Thursday, June 18, 2020

Paperone di Don Rosa

Un articolo dal sito Comicus

https://www.comicus.it/mainmenu-focus/item/62439-epopea-paperone-don-rosa?fbclid=IwAR1ldJElemEVtvqbXBXhT1VOsetaUlVO6YgBFBmCifapxJu9BQvpphX7MaM

comicus.it

L'elemento drammatico nell'epopea di Paperon de' Paperoni di Don Rosa - Comicus

Gennaro Costanzo
L'elemento drammatico nell'epopea di Paperon de' Paperoni di Don Rosa
Nella finzione narrativa delle loro vite, i personaggi dei fumetti hanno un background che pian piano va a costruirsi alle loro spalle e che crea di fatto il loro passato. Insomma, la gallina che nasce prima dell'uovo. È raro, infatti, che i personaggi nascano già nella loro forma definitiva; piuttosto si evolvono fino ad assumere una fisionomia ben precisa che spesso è lontana da quella di partenza. Rimanendo in ambito disneyano, prendiamo ad esempio Topolino.
Sia nella sua fisionomia che nella sua storia (e qui fondiamo fumetto e animazione), il personaggio che plana in Crazy Plane non è lo stesso dell'apprendista stregone in Fantasia. Sono passati, nel frattempo, 12 anni e Mickey è mutato nelle sua fattezze e nel suo background. Ora sappiamo cose di lui che nemmeno Disney conosceva nel lontano 1928. Ed è così che nel suo cammino Topolino ha acquistato tratti nuovi, nuovi amici, fondamentali per la definizione della sua stessa personalità (essenziale, ad esempio, è Pippo). Ma soprattutto - pian piano - è stata costruita alle sue spalle una storia in un work in progress spesso contraddittorio e con errori di continuità (come ci piace dire a noi appassionati), tipico dei personaggi così longevi e popolari.
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Ricostruendo a posteriori, quindi, la storia di Topolino (ed ora il riferimento sarà solo fumettistico) dalle origini ai giorni nostri - creando un ordine cronologico degli eventi - ci possiamo basare soprattutto sull'operato di Floyd Gottfredson. Topolino è un topo di campagna un po' birbante e molto vivace, che vive all'inizio del Novecento in fattoria e in una situazione non dissimile da quella di molti americani dell'epoca. Grazie al suo cuore nobile e al suo coraggio, egli vive varie avventure in giro per il mondo accumulando anche una buona dose di denaro che gli permette, in seguito, di poter compiere la sua ascesa in città e di vivere la tranquilla quotidianità degli anni '50/60 in uno scenario totalmente diverso da quello di inizio anni '30. Ovviamente è una ricostruzione molto sommaria (che tiene conto anche delle scelte editoriali che hanno trasformato la strip di Topolino in un fumetto puramente comico) che però ci dà una precisa biografia, una definizione del personaggio e un quadro ben delineato di come la vita del caro Mickey sia cambiata col trascorrere degli anni. Il Topolino che vive a Topolinia da perfetto cittadino, e che indaga con il commissario Basettoni, è lo stesso personaggio che da "giovane" costruiva un campo da mini-golf nel suo cortile. Ma il trascorrere del tempo e le sue azioni lo hanno portato ad essere quello che è oggi.
Lo stesso discorso è applicabile ad altri character come l'amico Paperino, giusto per fare un altro nome. Grazie al lavoro del geniale cartoonist Carl Barks, Paperino subirà una notevole evoluzione che lo porterà ad essere un personaggio più sfaccettato di quello delle origini e con un cast di comprimari totalmente differente. Ed è proprio nelle avventure dell'irascibile papero che facciamo la conoscenza di un personaggio secondario che, per la legge del work in progress, acquisterà un ruolo sempre più determinante nelle sue storie, fino a diventare un protagonista assoluto del mondo Disney: Paperon de' Paperoni.
Anche in questo esordio possiamo notare una figura differente, sia nei tratti che nella personalità, da quella che sarebbe poi diventata grazie appunto al lavoro che Barks opererà nel corso degli anni.
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La particolarità di Paperone, a differenza dei suoi colleghi disneyani Topolino o Paperino, è la sua figura decisamente tragica. Topolino ha avuto una vita avventurosa, a volte ha rischiato grosso - come si vede in molte delle sue strip - ma tutto sommato sempre condita dall'happy end, dalla positività del suo mondo. Così anche Paperino, che è sì sfortunato, scansafatiche e irascibile, ma rimane comunque una figura che lega il suo malessere ai piccoli eventi, alla quotidianità, alle piccole lotte amorose o di sopravvivenza cittadina (debiti, bollette) che poi sono le stesse che affrontiamo anche noi tutti i giorni.
Paperone no. Paperone è una figura tragica perché il background che pian piano si forma alle sue spalle ci mostra una vita di sofferenze, di duro lavoro. Una figura che, pur piena di qualità positive come l'onestà e la lealtà, presenta diverse storture nella propria scala dei valori. Come quando, schiavo del denaro, allontana tutti i suoi parenti ritirandosi a vita privata.
Fortunatamente, grazie a Paperino e ai nipotini, riesce a vivere una seconda giovinezza e, in qualche modo, a rimediare agli sbagli fatti in passato.
La vita di Paperone, dunque, a differenza degli altri personaggi Disney, è una vita di sacrifici, di scelte difficili, di tanti eventi infelici.
Quando Don Rosa metterà mano al suo progetto di creare una biografia sul personaggio, che ne narri l'epopea (facendo una ricostruzione degna di un filologo sul lavoro di Barks) non lesinerà certo di ripiegare su eventi tragici e dolorosi della sua esistenza. E Rosa, autore che ha nelle corde una forte vena di realismo e di tragicità, si troverà a proprio agio in questa situazione, trattando spesso e volentieri argomenti tabù per il mondo Disney. Non per nulla è celebre un'illustrazione dell'autore che mostra i nipoti di Paperone in lacrime sulla tomba del loro “zione”.
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L'importanza della “Saga”, appena ristampata da Panini Comics nella collana Tesori International,  dunque, oltre alla bellezza in sé dell'opera, consiste proprio nell'aver ritagliato uno spazio importante ad elementi non umoristici. Esclusi i fumetti di Gottfredson e di Barks, raramente i cartoonist americani hanno indugiato in elementi drammatici, puntando piuttosto sul lato prettamente umoristico dei personaggi Disney. Non solo: la ricostruzione filologica di Don Rosa consente all'autore di fissare la vicenda in un preciso arco temporale (che poi corrisponde a quello stabilito da Barks), permettendo a Paperone di muoversi in uno scenario mondiale ben riconoscibile e a pieno contatto con eventi e personaggi storici reali, rendendo il tutto ancora più tangibile. Dunque, La Saga di Paperon de’ Paperoni è una vera e propria opera epica che fonde esaltazione dell'avventura - nell'ascesa di Paperone dalla Scozia di fine 800 a Paperopoli -, umorismo e molteplici elementi toccanti, tragici e sentimentali.
La trama imbastita da Don Rosa vede un ingenuo e giovane (ma determinato) Paperone partire dalla Scozia e acquisire esperienza attraverso una serie di lavori che lo formeranno sia nel carattere che nelle abilità non solo imprenditoriali ma anche lavorative.
Sia chiaro, la Saga non esalta il capitalismo ed il progresso sfrenato; seppur il lettore parteggi per Paperone, la sua ascesa non è esattamente un trionfo. La conquista della ricchezza, infatti, diventa pian piano un'ossessione per il papero. La cupidigia cancella i nobili propositi che aveva da giovane, tanto da beffare una tribù indigena per degli affari e distruggere il loro villaggio. Sempre la sua cupidigia lo allontana da tutti gli affetti, dai suoi parenti e dalla sua stessa vita quando decide di ritirarsi per sempre dal mondo degli affari.
Ed è proprio la parabola discendente di Paperone come uomo (o, per meglio dire, come papero) uno dei punti chiave su cui si focalizza la storia di Don Rosa che, chiaramente, parla ai lettori attraverso il pianto di Matilda - sorella di Paperone - quando afferma, alla fine dell'undicesimo capitolo: "No, una volta Paperon de' Paperoni aveva tutto! Adesso tutto ciò che ha è il denaro e tutto ciò che il denaro può comprare! Sigh! Questo ne fa solo un povero vecchio". E il Gongoro che insegue Paperone è la rappresentazione degli sbagli che ti perseguiteranno per tutta la vita.
In un universo come quello disneyano, dunque, Paperone è una figura che riesce ad allontanarsi da quella solarità, quella positività che i suoi personaggi esprimono. E, d'altronde, la situazione è chiaramente una conseguenza estrema di una condizione umana che Paperone incarna in pieno. Avrà certo modo di riscattarsi in seguito, ma ciò non toglie che il suo cuore sia stato corrotto e che Don Rosa esalti nella narrazione la condizione di Paperone con slancio drammatico notevole. Inoltre, considerando singolarmente l'11° capitolo dal punto di vista prettamente editoriale e narrativo, il lettore si trova dinanzi ad una storia amara e ben lontana dall'happy end disneyano.
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Il degrado morale a cui arriva de' Paperoni è solo una delle tematiche extra-umoristiche trattate dall'autore.
In una storia in cui l'avventura la fa da padrona, le numerosi situazioni comiche alleggeriscono il clima epico della narrazione, seppur Don Rosa spesso ricorra ad un umorismo molto forte con scene e situazioni poco concilianti, anche a tinte forti. Basti citare la battuta presente nel capitolo extra "Zio Paperone - La prigioniera del Fosso dell'Agonia" del 2006, in cui è presente un esplicito riferimento sessuale quando Paperone invita Doretta Doremì a "proseguire fra le gambe" (riferimento alle gambe di un mammut ibernato che ostruiscono il passaggio).
Ed è proprio nello stesso capitolo, il migliore fra quelli "extra" (che verrà ristampato nel volume 2 di Tesori International), che avanza prepotente la tematica amorosa.
Effettivamente, questa storia rappresenta un tassello fondamentale per la storia di Paperone, oltre che un'avventura attesissima dai fan che clamorosamente non era inclusa nella saga principale.
Paperone è nel Klondike quando Doretta Doremì gli sottrae la Pepita "Uovo d'oca", mitica pietra d'oro puro che premia il papero del suo duro lavoro. Proprio per questo motivo, Paperone decide di rapire Doretta e costringerla a lavorare per lui in modo da farle comprendere la durezza del lavoro dei cercatori d'oro.
Il mese di prigionia, però, farà emergere che, sotto la scorza dura ed orgogliosa, i cuori dei due paperi battono all'unisono. Provano un forte sentimento l'un per l'altra, ma la loro storia d'amore non avrà gli esiti di altri personaggi disneyani. Anche in questo caso, dunque, Paperone si discosta dai suoi colleghi paperi (o topi che siano) per una vicenda tormentata e triste. Non ci sarà lieto fine ma tanta passione repressa nei loro cuori.
I due innamorati in più occasioni vorrebbero dar adito al loro romanticismo, ma le loro voglie sono sempre represse, rivelando così una profonda vena malinconica.
Nonostante questo, dopo una furiosa lite, Don Rosa ci suggerisce in maniera abbastanza sfacciata che fra i due accada davvero qualcosa mentre l'inquadratura mostra l'incontaminata bellezza della valle dell'Agonia Bianca.
Anche in questo caso l'allusione è forte, ma condita da una messa in scena garbata e intrisa di malinconia, soprattutto quando i due si dicono addio in maniera tutt'altro che romantica.
La storia d'amore di Paperone, dunque, è una vicenda amara, piena di rimpianti per i protagonisti. E a Paperone non rimane altro che il suo cimelio più prezioso: la ciocca di capelli della Stella del Polo.
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Ma di sicuro la tematica che più delle altre rende particolare il racconto di Don Rosa, con momenti che sono rimasti impressi nella mente dei lettori, è quella della morte. In particolare, la dipartita dei due genitori di Paperone sono due momenti chiave della vicenda.
La scena più drammatica dell'intera saga è legata proprio alla morte della madre del papero.
In uno dei momenti cruciali della vita di Paperone, quando è nel Klondike a lavorare come ricercatore d'oro, il perfido Soapy Slick cattura ed incatena il futuro miliardario per impossessarsi della sua concessione. Umiliato ed arrabbiato per il vile atto del suo nemico, Soapy legge al nostro Paperone la posta arrivata in città e, senza alcun riguardo e con vistosa ilarità, gli annuncia la dipartita della madre.
La solennità della scena viene enfatizzata da Don Rosa attraverso l'utilizzo di didascalie e mostrando da lontano gli effetti della rabbia di Paperone che, come una furia, mette fine al sopruso di Soapy Slick.
Ben diversa invece è la scena che mostra la morte dell'altro genitore, appena un capitolo dopo.
Ormai ricco, Paperone torna a casa deciso a trasferire lì il proprio impero, ma capisce che la sua terra non è quella giusta e che lui non appartiene più ad essa. Così, con le sorelle, parte per l'America, esattamente per Paperopoli.
Mentre il loro carro si allontana, vediamo lo spirito del padre, salutato appena la sera prima, che guarda dalla finestra i propri figli andar via e che si allontana con lo spettro della madre mano nella mano, mentre sul letto giace il suo corpo morto. Una scena decisamente più conciliante rispetto alla precedente, seppur altamente malinconica.
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Ovviamente, numerosi sono ancora gli spunti di riflessione che scaturiscono dalla lettura della saga di Paperone, tuttavia ci premeva sottolineare alcune delle tematiche che hanno contribuito a ritagliare per la “Saga” uno spazio di tutto riguardo nella storia mondiale del fumetto Disney.

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