Sunday, May 29, 2016

Intervista a Maurizio Ceccato di B comics

«Vogliamo dare una casa alle narrazioni»
Fucilate a strisce. Arriva Gnam!, il nuovo volume a fumetti di B comics. Ceccato: «Tutto nasce da uno spirito di ricerca».


«Un nome, una garanzia» direbbe qualcuno. Maurizio Ceccato è infatti art director, graphic designer, illustratore, mano elegante e sapiente della comunicazione e della grafica nel mondo editoriale. Collabora con gli editori Del Vecchio, Hacca, Playground, Gaffi e, nel 2010, sposa anche l’indipendenza. Avvia a Roma Ifix, studio di progettazione grafica, comunicazione visiva e publishing, oggi anche bookshop Scripta Manent, grazie alla presenza di Lina Monaco. Ifix pubblica le riviste Watt. Senza alternativa e B comics. Fucilate a strisce, dedicata al fumetto. Gnam! è il nuovo volume di B comics, con storie firmate da Lorenzo Mo’, Francesco Caporale, Mattia Moro (originario di Ortona), Emanuele Giacopetti, Margherita Morotti e Cammello, Maurizio Lacavalla, Roberto Grossi, Cecilia Valagussa, Simone Pace, Emanuele Racca e Spugna.

Partirei dall’inizio: come nasce B comics? 
«La lettera B deriva dall’antichissimo alfabeto lineare, usato nel Sinai più di 3500 anni fa, a sua volta derivato dal geroglifico, in cui il suono b era rappresentato da una casa. Ecco, noi vogliamo dare una casa ad autori che necessitano di un luogo dove prendere dimora e che siano svincolati da qualsiasi tipo di ortodossia editoriale, tranne quella della fantasia sfrenata, intrecciata a un metodo narrativo».

Fucilate a strisce è il payoff scelto per accompagnare la comunicazione di questo volume: arriva come un missile all’occhio del lettore, fa centro. Un’attenzione evidente si direbbe al peso specifico della parola e al cuore del progetto: il fumetto.
«Come in tutte le attività da impiegato di concetto del Novecento e, di conseguenza, appendice di questo scorcio di nuovo Millennio, è la scelta quello che racconta chi sei e cosa stai dicendo al tuo prossimo. Luis Bunuel nel suo film Il fantasma della libertà tra le opere d’arte che hanno girato per anni nelle mie retine, da quando ero ragazzo mette un cecchino con un fucile che spara da un palazzo sulla folla inerme; una trasposizione in immagini in sequenza della nota frase surrealista l’arte è come un cecchino col suo fucile che spara sulla folla».

Affermi che B Comics si fonda sulla regola matematica 1+1=3. Come si applica questo modus operandi alla linea editoriale e al tuo lavoro di grafico e designer?
«Matematica filosofica: 1+1=3. Ovvero, uno è il linguaggio dei segni, delle lettere e delle parole, più uno, ovvero il linguaggio delle immagini e, più uno, il fruitore che addiziona, intreccia tutto ciò che percepisce e assimila, quindi tre. Anche chi decifra i segni non fa un’azione passiva ma, come un osservatore, nel noto esperimentoparadosso del fisico Erwin Schrödinger, si rende attivo e quindi influisce nell’opera-prodotto con la sua interpretazione». 

E arriviamo al titolo: Gnam! Un’onomatopea d’effetto che omaggia il linguaggio tipico del fumetto e che allo stesso tempo traduce «il rumore prodotto da chi mangia avidamente e golosamente qualcosa». Perché questa scelta?
 «Abbiamo inaugurato con il primo volume Crack! una ricerca sull’onomatopea e usato come colonna vertebrale i suonirumori, per far convergere delle storie che ruotassero attorno a un concetto, un macro-tema. Quello che mi interessa è far emergere delle narrazioni. In questo caso Gnam! può essere non soltanto il fagocitare con lo stomaco, ma anche l’avidità umana nel cannibalizzare il prossimo, opprimendolo. Il lettore moderno verrà ingoiato da figurazioni e narrazioni di supereroi bulimici e con la testa tetra; gemelli eterozigoti e investigatori con la permanente; hamburger con le braccia e piante suicide; tute spaziali da giardino; cannibali col cappello da cowboy; topi senza fissa dimora e cani con le ossa rotte; camerieri col vizietto; spaghetti romantici; scopate senza margarina; bugie col videotape: abbuffate in technicolor su carta riciclata da 140 grammi». 

Sono dodici gli autori che hanno sposato il progetto Gnam! Che cosa li caratterizza e come è avvenuta la selezione?
«La selezione è principalmente basata sul segno. L’estetica che ogni disegnatore mette in gioco. Scelgo solo autori che non hanno quasi mai pubblicato nulla su carta e che non abbiano una confidenza lavorativa col linguaggio del fumetto, anzi, a volte, chi non ne ha molta mette in moto delle ibridazioni notevoli. Non mi interessa la provenienza geografica tantomeno quella anagrafica. Finora gli autori scelti da nord a sud, isole comprese, hanno trovato la loro domiciliazione su B comics senza passaporti, ma solo per merito del loro impegno con i segni mostrati. Abbiamo poi un osservatorio privilegiato come Unplugged, una serie di appuntamenti live: un modo per far circolare tra le persone dei lavori altrimenti chiusi nei cassetti e capire se tra questi alcuni segni possano essere di nostro interesse per poi pubblicarli sui nostri volumi».

La cover di questo progetto esprime essenzialità, pulizia, respiro. Quale idea c’è alla base di questa precisa idea grafica?
 «Sottrazione. Credo sia la parola appropriata. L’intento è che lo sguardo del lettore non venga condizionato da soggetti tipici a fumetti. Ho scelto una grafica che non avesse richiami diretti. Ho fatto un passo indietro in questo senso e non ho preso in considerazione alcun segno e richiamo grafico che prevaricasse su quelli contenuti all’interno del volume. Le icone, gli archetipi e i simboli, nonché i pittogrammi e le istruzioni per l’uso e i bugiardini delle confezioni farmaceutiche sono il mio tormento e la mia fede. Ridurre a numero primo un’immagine è uno dei compiti complessi al quale mi sono dedicato come un religioso praticante». 

B comics è un marchio che fa parte della tua casa editrice, Ifix, che è anche uno studio creativo e di design con sede a Roma, e trova spazio nel bookshop Scripta Manent. Quando è nata e con quale intento?
 «Ifix è nata inizialmente come studio di design nel 2007. Dopo anni passati ho sentito l’esigenza di usare l’indipendenza come faro guida per i miei lavori. Nel 2010 ho deciso di far prendere forma a idee che avevo sedimentato lungo decenni di attività editoriale con un occhio nostalgico all’irruenza che, da giovane, mettevo in campo con le fanzine. Watt è nato per far convergere idee non solo mie ma di tanti autori che sentivo vicini e che non avevano il giusto spazio su carta per essere valorizzati. In continuità con lo spirito di ricerca sulla lingua viva e i linguaggi che mescolano la narrazione per immagini è nato B comics, sempre con Lina Monaco e sempre con un’attenzione nel rimanere indipendenti anche nella distribuzione dei nostri volumi, affidata alle librerie che abbiamo definito amiche».

In questo mondo dove tutti si professano maestri della comunicazione, che cosa è necessario togliere piuttosto che aggiungere?
«Per dirla all’inglese Less is More. Credo che la comunicazione visiva sia tra le forme più complesse da poter sintetizzare. Per quello che mi riguarda, quando ho cominciato a disegnare non pensavo che le mie cose potessero avere una grossa diffusione. Che una stessa immagine attraverso la stampa possa essere moltiplicata su un medesimo supporto per centinaia, migliaia o milioni di volte, trovo che sia una grande responsabilità. Per parafrasare Albe Steiner e Stan Lee, dai grandi poteri derivano grandi responsabilità, ogni volta che mettiamo un segno su un foglio, a seconda di come questi segni vengono utilizzati influiscono negativamente o positivamente per la crescita e lo sviluppo di un paese. Quindi la grafica è un atto politico».

E l’Italia mi riferisco al mondo editoriale sa comunicare? 

«Il Tommaseo nel suo dizionario definisce: Saper due acche, sapere qualcosa, ma poco a quel ch’altri sa. Non ho che dire un’acca, è lo stesso che dire: Non ho che dir nulla. Se prendiamo una macchina del tempo e torniamo agli anni d’oro della comunicazione, subito dopo il secondo dopoguerra, l’Italia inventava metodi e modi grazie a imprenditori illuminati come Olivetti o come Giulio Einaudi e Longanesi, che hanno influenzato tutto il mondo. Gli imprenditori e gli editori dell’epoca hanno creduto e investito nelle arti visive, nel design e nella grafica in generale, perché credevano producessero, come in effetti è, ricchezza. Nel mondo editoriale contemporaneo si investe poco e male. Si cede alle lusinghe dei social network senza una premeditata costruzione sintattica dei claim e delle immagini. Io ho la fortuna di lavorare con degli editori illuminati Del Vecchio, Hacca, Playground, Gaffi che hanno deciso di affiancare al proprio progetto editoriale un’immagine e una serie di meccanismi comunicativi che vanno oltre la sola copertina e costruiscono paratesti: non segni accessori, ma elementi che innescano elettricità nella figura principale di riferimento, ossia il lettore».

CRACK
È il titolo del precedente volume: tra gli autori anche Simone Angelini di Vasto e Marco Taddei di Pescara. In Gnam! c’è invece Mattia Moro, originario di Ortona Alessandra Angelucci.

LA SCELTA DEGLI AUTORI
Sono dodici quelli che compaiono nella nuova raccolta e sono stati scelti sulla base della loro originalità di segno.

Il quotidiano di Teramo, Giovedì 21 Gennaio 2016

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