Saturday, January 16, 2016

Il balcone di Edouard Manet (introduzione)

ALBERTO MARIO BANTI

Il balcone di Edouard Manet
Sguardi maschili e corpi femminili nell'Ottocento borghese


Introduzione

Il balcone di Édouard Manet, un quadro del 1868, è al tempo stesso splendido ed enigmatico. Gli sguardi delle persone ritratte non lasciano trasparire i loro pensieri. Né lo stesso Manet contribuisce in alcun modo a sciogliere l'enigma, perché non ha offerto speciali chiavi interpretative per permetterci di intuire che cosa stiano facendo, e ancor più che cosa stiano pensando le tre persone che si affacciano in primo piano. Questo vuol dire che il quadro è una fonte iconografica che lo storico non può utilizzare? Non proprio, specie se ci si sofferma sul massimo dell'esteriorità di cui quest'opera di Manet dà testimonianza, ovvero sui vestiti indossati dalle due donne e dall'uomo. Si tratta di abiti che dichiarano una sintassi dell'apparenza completamente differente. L'uomo veste abiti eleganti e funzionali, non tanto diversi da quelli che gli uomini hanno continuato a indossare nei decenni successivi, fino a oggi: pantaloni, camicia, giacca e cravatta. Le donne, invece, hanno dei vestiti splendidi, di un bianco abbagliante, pieni di trine e ricami. Anche uno sguardo superficiale suggerisce che si tratta di vestiti tanto belli quanto relativamente scomodi.
A cosa si può attribuire questa differenza? Alla divaricazione di ruoli che connota il mondo della borghesia ottocentesca. Gli uomini hanno bisogno di vivere, per gran parte del tempo, fuori dalla casa: nel luogo di lavoro, per le strade delle città o delle campagne, nelle sale dei club, oppure nelle aule dei parlamenti o in ogni altro luogo in cui si esercitino i diritti politici. L'uso di abiti comodi, anche nelle classi alte, dipende da questo: gli uomini devono muoversi, lavorare, discutere in pubblico, e non devono essere impacciati nei loro spostamenti.
Alle donne delle classi medio-alte spettano invece ruoli completamente diversi: stare a casa, occuparsi della gestione della servitù, dell'educazione di figli e figlie, della loro prima formazione culturale. Non hanno bisogno di abiti particolarmente pratici. Non devono muoversi in fretta, spostarsi tra tram e macchinari, tra scrivanie e tribune. Devono, semmai, con l'opulenza dei loro ornamenti, testimoniare il successo raggiunto dalla famiglia, ovvero - secondo l'etica che domina l'Ottocento europeo - testimoniare il successo raggiunto dal capofamiglia. "Sfere separate", si dice in gergo: spazi distinti per sesso, sottolineati piuttosto efficacemente dalla sintassi dell'abbigliamento.
A ciò si aggiunga che gli abiti coprono integralmente il corpo degli uomini e delle donne che li indossano, tanto d'inverno quanto d'estate. Altro segno simbolico: in questo caso si allude alla "rispettabilità" a cui ambiscono i borghesi e le borghesi dell'Ottocento. All'epoca "rispettabilità" è sinonimo di pudicizia, candore e autocontrollo sessuale. Ora, è vero che anche in questo ambito vige una sorta di doppio regime morale: ciò che agli uomini è in fondo concesso (avere storie extramatrimoniali, per esempio), è radicalmente negato alle donne: una trasgressione sessuale di una donna, specie se si tratta di una donna sposata, comporta una sua dolorosa emarginazione sociale.
E tuttavia, qui, la sintassi delle apparenze ha una strana torsione. Il candore e la pudicizia, testimoniato da vestiti come quelli indossati dalle due donne che si affacciano dal balcone ritratto da Manet, è clamorosamente negato da altri vestiti che le donne indossano in importanti occasioni di sociabilità: ai balli, ai ricevimenti, le donne vanno con abiti adornati da vertiginose scollature, sul seno e anche sulla schiena. Che significato ha questa esibizione di superfici corporee che sembra negare il valore della rispettabilità, così caro alla borghesia ottocentesca? L'interrogativo è rafforzato da un'altra, necessaria considerazione.
Il mercato dell'arte che delizia il mondo borghese, è investito da una vera ondata di nudità femminili, che - dall'inizio dell'Ottocento - sopravanzano nettamente i nudi maschili. Odalische, Veneri, schiave popolano le esposizioni pubbliche e il mercato dell'arte. Ora, è vero che c'è una lunghissima tradizione artistica che risale al Rinascimento, e da lì all'Antichità classica, che ha reso il nudo scultoreo e pittorico nobile e accettabile. Tuttavia adesso è il numero dei nudi, e lo squilibrio di genere (quasi solo giovani donne in mostra), che colpisce. Che significa tutto ciò? Chi ha il potere di guardare chi? L'atto di guardare giovani donne nude comporta una trasgressione al sistema di valori dominante? Oppure, al contrario, lo sguardo che si posa sulle nudità di una giovane donna dà una peculiare e asimmetrica conferma al sistema etico della borghesia ottocentesca?
Ebbene,
la lezione cercherà di rispondere a queste domande, esaminando un buon numero di testimonianze visive (di Ingres, Bouguereau, Jerôme, Alma-Tadema, Cabanel, e ancora Manet) che ancora oggi possono in fondo sorprendere per la loro apparente audacia tematica.


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